Non è forse un caso che il CCEE compia cinquanta anni nell’anno del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest. E ci si è messa anche la Provvidenza, perché il Congresso avrebbe dovuto avere luogo lo scorso anno, ed è invece caduto poi nel 2021, quasi a marcare che l’Eucarestia è il centro della vita cristiana e che è dall’Eucarestia che l’Europa deve ripartire.

Il CCEE compie cinquanta anni, e sembra un tempo di bilanci. L’Assemblea Plenaria dei 39 vescovi di Europa che si riunisce dal 23 al 26 settembre è chiamata ad esprimersi in un continente che sempre più sembra aver messo da parte la fede. Benedetto XVI parlava di una Europa che ha perso di vista le sue radici, e Papa Francesco non ha mancato di ribadirlo, guardando – anche nell’ultima conferenza stampa in aereo di ritorno da Bratislava – ai padri fondatori dell’Europa.

Per quanto mi riguarda, c’era bisogno di guardare alle radici del CCEE, di ripercorrerne la storia in modo da poter davvero comprendere quello che riserva il futuro. Se non si conosce il passato, tutto sembra nuovo. Se si conosce il passato, tutto acquista un senso.

Colpisce sempre come tutto il progetto sia nato da una “semplice nota”, un piccolo foglietto, denso di riferimenti, vergato dal Cardinale Roger Etchegaray, allora monsignore e segretario della Conferenza Episcopale Francese. Era il 1967. Già nel 1971, il CCEE diventava qualcosa di più strutturato, con incontri a cadenza fissa e grandi sfide e temi da affrontare.

La consapevolezza era sempre una: l’Europa era più dell’Unione Europea. Valeva al tempo della Cortina di Ferro, quando uno dei due polmoni di Europa era drammaticamente reso impossibilitato a respirare. Vale ancora di più oggi, quando l’Unione Europea ha allargato i suoi confini, eppure ancora non ha coperto tutta la geografia europea.

Tre assemblee ecumeniche, nel corso degli anni, hanno dimostrato che, alla fine, l’Europa è cristiana. Non cattolica sempre, ma cristiana. Una Europa costellata di cattedrali e santuari mariani, dove il cristianesimo è stato costruttore di civiltà e da dove il cristianesimo è andato ovunque, raggiungendo tutti i popoli della terra.

Nasce da qui il libro “Cristo Speranza dell’Europa”, appena pubblicato. Non è solo una storia affascinante. È uno sguardo verso il futuro, perché oggi c’è bisogno di ripartire, di guardare al futuro e di ricostruire. I vescovi sono stati molto chiari: l’Europa va rievangelizzata. Le loro risposte, che verranno pubblicate qui nella loro forma integrale, raccontano sfide e difficoltà che la Chiesa in Europa si trova ad affrontare. Vanno ascoltate.

Il tempo della sinodalità è, oggi, il tempo dell’ascolto, per cominciare a costruire di nuovo. Ed è questo il compito dei vescovi europei. Una missione imprescindibile, quella di riportare Dio al centro, combattendo “l’ordine mondiale senza Dio” che si è andato costruendo.

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